Sushi e Dieta Mediterranea alleati della salute

Lo aveva già scoperto Ancel Keys, padre della Dieta mediterranea, che la tradizionale cucina giapponese, basata essenzialmente su pesce crudo, verdure e riso facesse decisamente bene.
Nel suo Seven Countries Study, infatti, Keys e i suoi collaboratori inclusere anche il Giappone tra i 7 paesi in cui sviluppare lo studio epidemiologico – il più vasto mai realizzato finora – finalizzato a scoprire i fattori di connessione tra l’alimentazione e le malattie cardiocircolatorie.
Le conclusioni a cui giunse, confermavano le sue intuizioni: nei paesi in cui si consumava maggiormente pesce, verdure, cereali, anzichè carne rossa e grassi di origine animale, erano quelli in cui si viveva più a lungo e meglio e soprattutto erano meno presenti casi di infarto e ischemia. Questi Paesi erano quelli che si affacciavano sul Mar Mediterraneo, come l’Italia e la Grecia e, dall’altra parte del mondo, il Giappone.

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Oggi un nuovo studio giapponese lo conferma. Lo studio, durato 15 anni, dimostrache una dieta ricca di pesce frutta e vegetali è ideale per migliorare la qualità della vita e la sua durata. Essi possono essere paragonati alla dieta mediterranea. Dall’analisi condotta dagli studiosi, è emerso che i soggetti che avevano abbracciato il programma di guida al cibo giapponese che il governo ha realizzato nel 2005, avevano un tasso di mortalità totale del 15% più basso considerando un arco temporale di 15 anni.

Sushi e sashimi come i  legumi e l’olio d’oliva, quindi?
Quasi, almeno dal punto di vista dei benefici sulla salute umana, d’altra parte il Giappone (lottatori di Sumo esclusi), detiene uno dei tassi di obesitàpiù bassi al mondo, il più basso tra i Paesi del G7. Ci chiederemo perchè allora Keys parlò della dieta mediterranea e non della dieta giapponese come l’elisir di lunga vita? La risposta è culturale e sociale. Keys era un americano, uno pragmatico, che badava molto alla concretezza, sebbene fosse un amante della filosofia greca. Può un modello alimentare così particolare, appartenente ad una cultura così lontana e diversa (siamo negli anni ’60 e il termine globalizzazione non esisteva nei vocabolari) essere raccontato come un modello da seguire per il mondo occidentale? Il modello nutrizionale giapponese si fonda su un modello culturale e sociale del tutto differente da quello americano o europeo e malgrado fosse un modello benefico per la salute sarebbe stato impossibile importarlo in Inghilterra o negli Stati Uniti.

Quello mediterraneo invece sì, le verdure, i legumi, il grano, il pesce, forse non l’olio d’oliva, il vino erano e sono elementi già presenti nella cultura e nella gastronomia mitteleuropea e dunque anche in America. Negli anni ’70 per un cittadino del Minnesota, come Keys, sarebbe stato certo complicato trovare una bottiglia di olio extravergine d’oliva, ma certamente impossibile ordinare del sushi a cena.

Ma dal momento che quasi 50 anni dopo, la cucina giapponese si è diffusa in tutto il mondo, il consiglio è di approfittarne. Dunque frutta, verdura, legumi, cereali, pesce azzurro, olio d’oliva, e di tanto in tanto, sushi e sashimi!

di Valerio Calabrese

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